Non sono arrivato dall’altra parte di questa palla persa nello spazio per lasciarmi fermare da un pochino di dissenteria! Accidenti, la sera prima avremmo dovuto assistere ad uno spettacolo Maori ed invece sono rimasto bloccato a distanza di sicurezza dal gabinetto, ma il 16 luglio dovevo assolutamente rifarmi. Dopo una colazione restringente e reidratante a base di thè caldo ho puntato il muso del nostro cubicolo coreano nuovamente verso Matamata, non avrei mai potuto perdonarmi se avessi perso gli hobbit. Lo stomaco teneva bene, purtroppo invece il tempo era decisamente peggiorato, sembrava anzi che l’ombra di Mordor avesse steso le sue grinfie fino alla Contea.
Così poco dopo aver pagato dei bei dollaroni neozelandesi, io e consorte eravamo sul set di Hobbiton sotto qualche goccia di pioggia e sferzati da un vento gelido.
Dal punto di vista paesaggistico Hobbiton è una delizia per gli occhi. Dolci colline verdi punteggiate da candide pecore e decorate da alberi maestosi e stranamente arzigogolati. Del vero e proprio set cinematografico invece non restano che poche strutture di base e per rivedere ciò che si è visto al cinema è necessario un notevolissimo sforzo di fantasia. Tutta colpa dei dannati diritti e contratti, per cui ai gestori e proprietari del terreno è vietato riprodurre qualunque parte del film. Io davvero non capisco, il set completo doveva essere meraviglioso, perchè non renderlo permanente e trasformarlo in un parco tematico? Credo che i kiwi sarebbero riusciti in un ottimo lavoro e nel massimo rispetto dell’ambiente circostante. Bah… e quando poi gireranno “Lo Hobbit” riuseranno lo stesso set? Boh, io mi auguro di si.
Ad ogni modo durante queste considerazioni io e Federica eravamo rimasti a girare intirizziti tra le verdi colline e le finestre rotonde delle caverne hobbit. Faceva tanto freddo che abbiamo accolto con gioia la fine del tour guidato e ci siamo approcciati rapidamente verso il pullmino per il ritorno in città. Io però col cappellino calato sugli occhi ed il cappuccio della giacca a vento ben stretto fino alla gola, stavo giusto pensando che mancasse qualcosa.
E così pensando distratto e con la visibilità limitata dalla visiera, ho tirato una craniata da guinness dei primati mentre tentavo di salire sul furgone, riuscendo non so come anche ad escoriarmi la gamba destra dal ginocchio alla caviglia. La botta è stata così forte da tramortirmi per qualche secondo, con conseguente preoccupazione per tutti gli astanti. Ma visto che ero rimasto vivo e nemmeno un po’ paralizzato sono immediatamente tornati tutti molto più preoccupati di poter ritornare alla base. Sono certo che una forza oscura tentasse in ogni modo di respingermi dalla Contea, ma ormai avevo fatto le foto e raccolto i souvenir e nonostante le avversità avevo raggiunto il mio scopo.
Quella sera io e Federica ci siamo scaldati in una steakhouse di Rotorua, dove il profumo della carne grigliata riusciva un po’ a tamponare l’odore di zolfo. Dopotutto il mio stomaco doveva essersi ripreso del tutto visto che sono riuscito a mangiare “the Big Boy”, a voi immaginare la composizione del piatto…