Nella città delle osterie arrivarono gli inglesi coi loro pub, ottenendo che nè pub nè osterie fossero più ciò che erano un tempo. Quando si dice l’integrazione.
In questa piccola città da almeno quindic’anni, ma c’è chi giura almeno venti, la notte di Natale era una gran festa. C’era la messa di mezzanotte, per molti ma non per tutti, che portava un sacco di gente, amici che magari non si incontravano altrimenti, a voler brindare tutti insieme fino a mattina presto.
E’ sempre tardi dopo che han suonato le campane, almeno l’una se il prete è stato clemente dal pulpito. Poi baci, abbracci e auguri che lascian quell’arsura lenibile soltanto dal buon orzo fermentato.
Dunque tutti a cincinnare boccaloni! E guai a lesinare i dollaroni! La Notte è festa e va celebrata.
Fino a quel giorno lì, quello in cui vedi alcuni banchi vuoti, che senti quello vestito di bianco che parla senza dir nulla. Quel giorno maledetto in cui la macchina si ferma davanti alla serranda abbassata, luci spente, pioggia e silenzio.
Dice che Franco e Katy sono in sudamerica, che hanno ereditato e venduto. Dice che qualcuno ha comprato il locale, che gente nuova è arrivata ma vestita troppo bene. Dice che boh…
La pioggia battente non spaventa, c’è ancora voglia di festa, ma poi chiama quello che il Malto&Luppolo è spento, che SucchiD’uvaDall’Italia è serrato, Re Artù non ha voglia di servire e insomma, ne restano un paio, giusto il VecchioPonte e il CapitaleDiCuba ma oramai di posto non ce n’è. Chi è dentro è dentro stipato e si lamenta, chi è fuori è fuori bagnato e si lamenta.
Ma è questo il modo di fare a modo!?
Parli parli di tradizioni, di italiani, di brava gente, di radici e grandi spiriti. Poi non sai cosa dire per colpire ancora il cuore, almeno una volta l’anno. Non sai cantare, non emozioni, ti attacchi a patacchi senza senso.
E parli parli ancora, di crisi, di poco lavoro, dell’economia che non tira. Poi lasci la gente a casa, delusa, col porcellino rotto stipato in tasca che finirà altrove che non nella tua brocca.
Regaz, poche pippe, il Comedor non c’è più e, per alcuni di noi, se n’è andato con la nostra gioventù. Gli altri non so, forse tra un po’ si accorgeranno che Bologna è cambiata.