Che sarebbe il delta di variabilità del tempo di percorrenza casa-lavoro per un ipotetico abitante di Caracas, a detto di lui medesimo.
Come può un tragitto di 5 kilometri rivelarsi un inferno? semplice, metti 15 milioni di persone ad abitare una città quasi totalmente priva di tombini e aspetta che piova!
Che qui bisognerebbe rivedere la definizione di diluvio. Bastano 3 goccioloni pseudo tropical-monsonici per trasformare le già abbastanza intricate calle in torrenti in piena. Aggiungi un pizzico di zero semafori, zero uso delle frecce e utilizzo fantasioso del senso di marcia che, in teoria, è destroso e ottieni in una provetta di cemento l’embrione della madre di tutti gli ingorghi.
Evidentemente però, forse proprio grazie a decine di generazioni cresciute nell’incertezza sull’ora di rientro, il sudamericano medio ha sviluppato anticorpi genetici al nervosismo da traffico: i clacson suonano ma stancamente, più come passatempo che come sprone al testina di vitello davanti; il primo che infila il muso in un incrocio è solitamente lasciato passare indipendentemente dalla segnaletica, comunque pressocchè inesistente; e m’è pure capitato di vedere giocolieri destreggiarsi con le clavette sulle strisce pedonali.
Convivere anche solo poche ore con persone così rilassate fa davvero pensare al senso della vita. E comunque, sia detto senza offesa, voi milanesi non avete mai capito un cazzo. (c’entra niente lo so, ma è da una vita che lo volevo dire)