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next
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Autore: Emmo
tap tap tap tap tap
La palestra semivuota aveva un odore acre di muffa e muschio. Non buono ma in breve tempo entrava nel cervello, come il ricordo nostalgico di un vecchio amico. E ad alcuni capitava poi di sentirne la mancanza.
tap tap tap tap tap
In un angolo, il cane di Franco fissava vigile i suoi occhi su qualche disgraziato intento a fare piegamenti, flessioni e addominali. Quel vecchio bastardo era un allenatore quadrupede molto efficace: finchè Franco non lo avesse richiamato non ti potevi fermare. Avvertiva solo una volta, ringhiando, poi erano morsi alle caviglie finchè non ti rimettevi al lavoro.
tap tap tap tap tap
Qualcuno saltava la corda.
tap tap tap tap tap
Sudava copiosamente e dagli avambracci le gocce scivolavano sulla corda e da lì schizzavano stille salate un po’ ovunque, nell’aria calda e satura della palestra.
tap tap tap tap tap
Manolo colpiva forte sul sacco.
Jab, jab, destro, gancio sinistro, un passo indietro, low kick destro
Il sacco si piegava, oscillava all’indietro e sul tempo di ritorno ne prendeva ancora.
Destro, sinistro, montante destro
I vecchi stracci incassavano muti all’interno del sacco di cuoio. Si piegavano e riprendevano forma in attesa dei prossimi colpi.
Due jab per prendere la misura, calcio frontale sinistro, il sacco ritorna
Manolo schiantò un destro potente e sentì gemere le ossa della mano, strette nelle fasce, chiuse nel guantone.
Sinistro, destro, sinistro, gancio destro
Il colpo era fuori tempo. Il guantone madido di sudore scivolò sul sacco che oscillando colpì forte il gomito.
Manolo sentì torcersi dolorosamente la spalla.
Due rapidi calci col sinistro, basso, medio. Il sacco indietreggia, destro, sinistro, tallone destro a fermare la massa di cuoio e stracci
Il fiato grosso, gli occhi appannati dal sudore della fronte, Manolo ritrasse il collo nelle spalle e a testa bassa riprese a colpire.
Destro, sinistro, destro, sinistro, destro, sinistro, gamba destra avanti, la sinistra ruota, middle kick
Ancora e ancora e ancora. La catena che reggeva il sacco ringhiava la sua tenacia d’acciaio sugli strappi dei contraccolpi.
Tutto il peso sulla gamba sinistra, testa in avanti, sguardo basso, gancio destro, gancio sinistro
Manolo caricò sulla destra pronto a sferrare un frontale sinistro ma la gomma della scarpa, tradita dall’umidità umana sul linoleum, non fece presa. Ossa, muscoli e tendini, tutto scivolò in avanti. Colto di sorpresa, tentò goffamente di appoggiare la mano sinistra al sacco per reggersi ma la mano, avvolta nell’imbottitura del guanto, non fece buona presa. Il polso si piegò molto dolorosamente all’indietro e la faccia di Manolo piombò sul sacco. Per pochi attimi, con la guancia che strisciava verso il basso, ne assaporò la fragranza di cuoio e sale, la cartilagine del naso si ferì e ne uscì del sangue.
– Basta così! Per oggi gliene hai date abbastanza. Vieni qua piuttosto, a farti medicare, mi stai ridipingendo la palestra in rosso razza di idiota.
La palestra, in effetti, di una mano nuova di vernice ne avrebbe avuto davvero bisogno e Manolo non era soddisfatto, bruciava di una stupida sensazione simile all’umiliazione ma con Franco non era il caso di discutere. Si mise un asciugamano sulla testa e si sedette, in attesa che Franco lo medicasse e lo aiutasse a togliere i guantoni.
Sbuffava e odorava di sigaro mentre gli sfilava i guantoni. Delicatamente gli svolgeva le bende e con le dita, grandi e tozze, soppesava le mani di Manolo, come a valutare se ci fossero danni. Lo sguardo degli occhi cisposi era tenuto basso sulle nocche di quelle mani chiaramente doloranti. Forse non stava veramente guardando, perchè non tirò su il suo naso schiacciato, così tipico per un pugile, quando riprese a parlare.
– Chi è il tuo sparring partner?
– Scusa? Io non sono professionista, lo sai, non ho uno sparring partner per allenarmi.
– Ah! La tua ombra, la faccia sul sacco, chi cazzo ci vedevi? A chi le stavi dando così di santa ragione, ottuso figlio di puttana? Non sei qui da molto e naturalmente la tua tecnica fa pena ma devo ammettere, dannata miseria nera, che ci metti anima e sangue a menar le mani. Quel che so della vita io l’ho imparato tirando pugni, prendendo pugni e guardando altri tirare pugni e tu hai decisamente l’aria di uno che ha bene in mente a chi vorrebbe spaccare il grugno. Il che potrebbe pure essere un bene, quindi – Franco alzò la testa e sospirò, soffiando una miscela di sigaro toscano e grappa a tre centimetri dal naso di Manolo – contro chi combatti? Su chi hai bisogno di vittoria?
Manolo ora fissava negli occhi il vecchio. Si prese il suo tempo, forse per timidezza perchè la risposta la conosceva bene, ma alla fine rispose.
– Ci sono io. Combatto contro me stesso. Ci sono solo io che colpisco me stesso. Vinco a ogni colpo. Vinco a ogni osso incrinato, a ogni cartilagine schiacciata, a ogni livido, a ogni taglio. Se resto in piedi ho vinto io, se cado a terra ho vinto io. L’unica cosa che conta è che io continui a colpire. Non ci può essere tregua, nè armistizio, nè resa, perchè in quel caso sarei costretto ad ammettere a me stesso la sconfitta. Ho scoperto che odiare se stessi può essere il significato di una vita intera.
– Uhm. Sei proprio un gran figlio di puttana. Ma forse non così ottuso come pensavo. Tieni, mettici del ghiaccio su quel naso.
Franco riprese in mano il suo sigaro, lo riaccese e si mise a sbuffare fumo, lentamente, lo sguardo rivolto fuori, attraverso la finestra oscurata. Filtravano le luci delle auto e le ombre dei passanti.
…
Cedere al fatalismo è una costante tentazione.
Accettare il destino, la leggerezza della resa a un disegno prefissato da qualcosa oltre la mia portata, oltre la mia comprensione, mi aiuterebbe a vivere meglio, con meno crucci, con meno rimorsi.
Ma credo che esistano solo due categorie di persone che possano permettersi di definirsi fatalisti, due categorie di persone in realtà accomunate dalla stessa caratteristica, solo di segno opposto: coloro i quali hanno vissuto una molto lunga, improbabile per quanto matematicamente possibile, serie di eventi straordinariamente fortunati o straordinariamente sfortunati.
I primi possono ben gioire della loro facile fortuna e ringraziare il fato. Che esista o meno il fato non ha importanza.
I secondi si possono almeno consolare pensando a che, se il destino ciò gli ha riservato, essi non ne hanno colpa.
Per tutti gli altri, per quelli come me che vivono le quotidiane alterne vicende, il fatalismo è solo una scusa per i propri errori, è il non voler ammettere le proprie responsabilità di fronte alle sciagurate scelte operate durante la propria vita meschina e mediocre.
Il fatalismo è una tentazione, un comodo cuscino, un vellutato drappo per celare le mie brutture.
Per questo resisterò sempre al fatalismo: perchè ho fatto troppi errori, perchè ho troppe responsabilità e troppi rimorsi e l’unico modo che ho, per mantenere un poco di dignità e una flebile speranza per il futuro, è avere sempre ben presenti le mie colpe in ciò che mi sono costruito attorno.
Solo chi ha ricevuto tanto senza sforzo si può permettere di sbagliare senza timore di rovinarsi.
E chi non ha ricevuto nulla, nonostante sforzi e meriti, non ha nulla da perdere a sfidare ancora la sorte.
Io sono nella salmastra mediocrità umana, posso solo evitare di ripetere i miei errori.
Non ho mai capito chi non vuole che orari e giorni di apertura degli esercizi commerciali siano a totale discrezione degli stessi e non imposti per legge. Anche perchè le motivazioni di chi avversa tale liberalizzazione per la maggior parte si riassumono in: la domenica è il giorno del signore.
Certo, se pure lui s’è stancato, figurati se noi non ci possiamo riposare ma, a meno di un mio grosso svarione, mi pare di capire che le ore di lavoro settimanali siano un fisso definito dai contratti nazionali, di solito 40 ore a settimana, più gli straordinari ma mai oltre un certo limite e con riposi compensativi per certi giorni e/o fasce orarie particolari.
Quindi, se mi tocca di lavorare sabato e domenica, giocoforza avrò liberi che so, il lunedi e il martedì?
Il problema dove sta allora?
Sempre secondo questa cosa, che mi sembra si chiami logica, se un esercizio commerciale o quel che l’è vuol stare aperto 7 giorni su 7, sarà costretto ad assumere più personale. E visto che pagare stipendi costa, credo, un negozio deciderà gli orari in modo da massimizzare gli introiti o sarà costretto a fallire. Se non fallirà magari avrà aumentato il numero di posti di lavoro e gli stipendi erogati in più andranno a beneficio del potere di spesa comune e tutti quei discorsi lì.
Non ti piace lavorare il sabato e la domenica? Però ti fa piacere trovare il pane fresco la mattina e le strade pulite e i cassonetti svuotati di notte e il pronto soccorso disponibile a qualunque ora e la macchina nuova in arrivo in tempi brevi grazie ai turnisti e le vacche munte ogni alba eccetera eccetera…
E allora, con tutto il rispetto per chi un lavoro fatica a trovarlo, se non ti piace l’orario di lavoro concordane uno diverso o cambia mestiere.
Piuttosto, a me sta sulle palle trovare le banche chiuse, le poste chiuse, gli uffici comunali chiusi e soprattutto, ah quanto odio, gli spedizionieri che consegnano sempre e solo in orari d’ufficio suonando a campanelli residenziali che non potranno che restar muti…
Il pianeta Terra gira, potrà non piacerti questa frenesia moderna ma per oggi va così, potrà non piacerti ma il pianeta non lo sa quand’è domenica, ogni sua rotazione è uguale all’altra.
E non so te ma io me li ricordo i negozi aperti la domenica mattina lungo la strada del paese che porta alla chiesa. Già allora ci si sbagliava?
Gli abiti fanno l’uomo. Meno c’è l’uomo più cresce il bisogno dell’abito
Da Spider di David Cronenberg
Da quella sera al cinema, con la mia destabilizzante ragazza di allora, è una frase che mi affascina sempre. Forse perchè non ho mai saputo vestirmi con decenza. Forse perchè, pieno di pregiudizi e invidia, non ho mai potuto soffrire i fighetti, i dandy, i benestanti, i paninari, gli ostentatori.
Quello che però credo di aver capito solo ora è che in discussione c’è solo la “quantità” e non la “qualità”. Perchè altrimenti, per deduzione, si potrebbe pensare che in me c’è molto uomo, dove per molto si intende “molta sostanza buona”, ma la realtà è ben diversa.
E’ questo il mio mantra per il 2012 e non solo. Anche se “non solo” dipende molto dai Maia, secondo alcuni giacobbi inutili.
Quindi: Viaggia Leggero!
Ovviamente non ho idea di cosa ciò significhi all’atto pratico e pertanto se qualcuno passa di qua e commentando mi vuol dare suggerimenti è ben accetto. Ma tanto lo so che di qua non passa mai nessuno, quindi vedrò di arrangiarmi.
Stavo pensando che potrebbe essere utile cominciare con un tatuaggio, magari scritto al contrario, si che possa essere un promemoria la mattina allo specchio. Bah… vedremo.
Buon anno eh…
Ogni volta la stessa storia che si ripete imperterrita, indifferente al progresso, testarda come un mulo coi paraocchi.
La gente si spegne, passa a miglior vita, manca ma non muore mai.
Difficilmente ti prende un cancro, molto più probabilmente ti coglierà un brutto male.
Un uomo, un folle, comunque un uomo, uccide e si ritirano videogiochi violenti dai negozi. Read More
Ma Santa Polenta, delle due l’una: o siete tutti dementi e non ci arrivate proprio, o siete in malafede e fate finta di pensare al bene comune ma in realtà è tutto un modo sottile per far star tranquilla la GGente che così almeno pensa che insomma, qualcosa qualcuno, un minimo, sta pur facendo per salvarci tutti da noi stessi.
Eppure è così chiaro e lampante: mai nella storia dell’uomo si sono ottenuti risultati con campagne basate sul terrore!
Le seghe ti fanno diventare cieco!? E’ che i difetti di vista sono ogni giorno più numerosi caro Onan. Read More
Attenti dunque, durante le riunioni di gabinetto in 5 contro 1 toccherà pagare le royalties all’azienda di Cupertino.
Occhi puntati ora sulle reazioni del Movimento Case Chiuse: “Siamo preoccupati per le possibili ripercussioni sulle tariffe d’uso per il dispositivo multitouch in member-sharing” ha dichiarato un portavoce da Arcore.
questo video penso che infastidirà alcuni, divertirà immensamente altri, sicuramente raggiungerà il suo scopo di promozione della band musicale
dal mio punto di vista è un buon prodotto; senza falsi moralismi è molto vicino a ciò che creava la mia immaginazione giocando da bambino
poi volendo si può parlare di bambini soldato, quelli veri, di violenza gratuita, di mala educazione, di provocazione ecc ecc ecc… ma per ora ci penso un po’ su
IS TROPICAL – THE GREEKS (official music video) from EL NINO on Vimeo.
via Spotanatomy