…riflettendosi ad occhi chiusi…

Rifletto.
Non posso evitarlo, non so fare altro, sono nato specchio.
Ti ricordi di me? Hanno detto tante cose sul mio conto.
Ti ricordi com’ero?
Sono stato bello, sono stato brutto.
Sono stato dolce, sono stato crudele.
Provavo odio, provavo amore.
Sono stato pieno di sogni, emozionato, in lacrime, crucciato, allegro, in mezzo a tanta gente, cinico, iperattivo, appannato, brillante e ammirato.
Ho urlato e corso nella pioggia, scalato montagne, nuotato, vinto e perso.
Ho aiutato persone, portato dolore ad altre, con molti ho gioito, da molti mi sono fatto odiare.
Ero io.
Eri tu.
Perchè io sono uno specchio.
Bello nella misura in cui tu lo sei.
Appassionato delle tue passioni.
Hai provato a guardare dentro di me, sbirciando dietro l’angolo sinistro al bordo della cornice, e hai creduto che io fossi profondo e grande quanto il mondo.
Ma ti rivelo un segreto: in ogni singolo raggio di luce è contenuta ogni forma, ogni colore, ogni informazione di tutto l’infinito.
Mentre mi guardavi ti ingannavo. Era la tua energia che riflettevo in ogni direzione.
Ho visto luoghi diversi e persone diverse, sono stato ognuno di questi. Luminoso in tanti modi, il tempo di una notte, due anni, una settimana.
Ma sono solo uno specchio appeso ad un muro.
Una finestra su un infinito di luce, un quadro meraviglioso e diverso a ogni sguardo.
Sono solo uno specchio appeso a un muro.
E ora che la casa è chiusa, le imposte serrate, le stanze silenziose, non una stilla di luce mi eccita.
Immobile rifletto sul nulla, un cosmico buio e freddo infinito.
Non ci sono stelle nel mio cielo, una finestra aperta su un vuoto, nero, niente.
Aspetto il mai, consapevole che il mio ricordo è una burla, l’antitesi di vite altrui.
Sono il ritratto dell’assenza.
Sono uno specchio.
Sono il nulla.

…di soffitti intonacati…

Voi non potete capire quanto sia esigente il mio soffitto.
Mi è impossibile pensare di avere un animale domestico, quando devo riservare ad esso così tante attenzioni ed energie.
Necessita di essere osservato, senza mai distogliere lo sguardo, per interi fine settimana!
Come se non peggio di un cucciolo, appena ci si distrae e lo si abbandona a se stesso per un attimo, si mette a giocare con i fili dei pensieri: li tira, li strappa, li mischia e li attorciglia.
E quanto lavoro poi per risistemare tutto, su quella grossa tela intonacata di bianco.
Certe volte penso: “Ma chi me lo fa fare?!?”
Allora spengo la luce, ignoro i suoi sussurri o quello strano rumore di pallina che rotola che fa, per attirare la mia attenzione, e tento di dormire e recuperare un po’ di energie per uscire.
Poi però mi faccio sempre intenerire, esso così sempre disponibile a tutte le mie fantasie, così bravo ad ascoltare dall’alto ma senza imporre la sua presenza.
Prima o poi mi risponderà, lo so, e quel giorno saprò che saremo cresciuti entrambi, entrambi in grado di esistere da soli.

Il Piano B.

La polizia accorse, chiamata dalla donna che avrebbe dovuto fare le pulizie.
Era piuttosto chiaro perchè non le avesse fatte infine.
L’uomo giaceva steso sul letto, i piedi scalzi verso la porta d’ingresso, la camicia aperta sul petto. La testa, rivolta a guardare la finestra aperta, poggiava su un cuscino un tempo candido, ora più simile alla bandiera del Sol Levante. Gli occhi aperti sembravano apprezzare la vista, molto oltre l’orizzonte.
La mano destra pendeva, riversa oltre il bordo, la pistola, un modello affidabile, ancora appesa alle dita inermi.
Sul comodino, fermato da un posacenere pieno di ordinati mozziconi, si notava il biglietto.
L’ufficiale di polizia lo sfilò con cura e lo lesse:
«Vi ho fregati! Non c’era nessun piano B.»

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