e pure l’amore è tanto inflazionato
non si potrebbe avere giusto un poco di tolleranza e rispetto reciproco?
che tutto il resto conta davvero poco
bah…
La clessidra del tempo a mia disposizoine è quasi finita ma prima di partire credo sinceramente di doverti delle scuse Caracas.
Scuse soprattutto per tutti i giudizi che ho espresso o solo pensato in queste poche ore in cui ti ho conosciuta. Una cultura come quella sudamericana e una città grande come te non sono alla portata di un viaggio di lavoro di pochi giorni.
Ma cerchiamo di lasciarci da amici, prendi quello che ho pensato come un punto di vista esterno al tuo, non contaminato, abbastanza scevro da pregiudizi e fanne ciò che credi.
In questo poco tempo ho potuto scrutare una crosta che racchiude realtà certamente meravigliose, ma per me, per molto tempo, resterà soltanto una crosta.
Su questa crosta ti ho visto correre via veloce, ingnorando la povertà che ti circonda fino quasi a soffocarti, chiusa nelle tue gigantesche auto oscurate perchè nemmeno gli occhi della sofferenza possano sfiorare il tuo effimero benessere.
Ti ho visto chiamare uomini nella selva “i nativos”, confessando così inconsciamente che tu sei qui a prendere qualcosa che non è tuo. E dato che non ti appartiene non ne hai nemmeno cura. Su questa crosta tutto è rotto, tutto è decadente, la vernice si scrosta, le crepe ai muri, le persone hanno cipria di nafta.
Le tue donne aspirano a una bellezza di plastica per avere attenzioni sufficienti a sopperire alla totale mancanza di rispetto, e in questo assomigli così tanto al mio sciagurato paese.
Su questa crosta ho visto brulicare milioni di formiche sui loro mezzi mossi da benzina a un costo inferiore a quello dell’acqua.
E i tuoi piedi, i tuoi palazzi, strade, negozi poggiano su sabbie mobili nere di petrolio, cosa ne sarà di te quando finirà? Dovrai reimparare a sopravvivere dalle tue terribili povertà?
Adiòs Caracas y gracias por todo, io farò tesoro dei tuoi insegnamenti, spero possa farlo anche tu.
Allora io posso anche arrivare a capire l’insana passione per i cerchi in lega e i vetri oscurati su ogni mezzo dotato di quattro o più ruote.
Posso pure accettare che, per sentirsi sicuri, ogni luogo pseudo-civilizzato in città sia circondato da muri di cinta, filo spinato e rete elettrificata.
Posso assurdamente convivere anche con parchi pubblici che chiudono alle quattro e mezza di pomeriggio.
Ma che un ristorante cinese sia gestito interamente da Venezolanos, privo di bacchette, di birra cinese, di spaghetti di soia, è una cosa che mi manda completamente ai matti!!
Signori cinesi, a noi in italia ci avete ampiamente conquistato, cosa aspettiamo a fare un passaggino pure in Sud America? E’ qui da tempo immemore, in attesa di un po’ di sana civilizzazione orientale, vogliamo proprio lasciare che tutti questi poveracci crepino pensando che buttare cevolla y cerdo su dei noodles sia mangiar cinese?
Ecchccazzo cina… mi caschi sul Venezuela mi caschi…
…vicino agli occhi, lontano dal cuore…, inserito originariamente da ~.emMO.~.
Purtroppo questa è una immagine molto rappresentativa di Caracas, nonostante l’autista del mezzo da cui l’ho scattata si sia affrettato a specificare: Esto no es Caracas. Esto es la poverdad.
Mentre il fuoristrada dai vetri oscurati accelerava sull’autopista, non ho potuto fare a meno di pensare che no, no caro amico, non te ne puoi lavare le mani così, questa è Caracas, questo è il Venezuela, questa è la tua gente.
E forse anch’io non posso ignorare la mia parte di resposabilità, in quanto cittadino di questo pianeta. Forse il Venezuela è ricco fra i paesi poveri, ma di certo non se la passa bene.
E se è ridotto così è anche a causa di chi nel mondo poteva fare e non ha fatto, di chi ha sempre pensato che ciò che non gli appartiene, non gli è vicino, non lo può vedere, allora non lo riguarda, non è affar suo, non deve crucciarsene.
E’ importante quindi “vedere” e “far vedere”, perchè qui si è andati oltre, tutto questo è ben visibile eppure tutte queste persone sono fantasmi invisibili sotto agli occhi di tutti.
…questione di punti di vista…, inserito originariamente da ~.emMO.~.
Oltre l’orizzonte c’è una libertà irraggiungibile, in quanto incomprensibile a chi, nato nel cemento, di esso ha appreso la comprensione della vita: resistere alle intemperie il più a lungo possibile, non c’è nessun dove se non qui e ora.
Questa è la sua forza, questa è la sua morte.
Se i manichini delle boutique hanno tette che neanche Pamela Anderson
Se è possibile sbiancarsi i denti in un chiosco nella hall di un centro commerciale, con la gente che ti passa a fianco
Se per l’elezione di Miss Mondo c’è più tifo che per il Mundial de Futbol
Se l’assicurazione sanitaria di un dipendente medio copre il dentista e gli interventi di chirurgia estetica ma poi a casa ti mancano luce e acqua
Come possiamo poi immaginare un futuro di progresso e giustizia che non sembri piuttosto un carrozzone di ballerine prigionere in casa loro?
La consecutio logica testè enunciata è piuttosto tirata ma credo che la provocazione renda l’idea. E se leggendo tutto questo state pensando al Venezuela allora date un’occhiata qui:
Grazie a Catastrofe per il link
nonostante il costante rumore di motori e condizionatori che ti avvolgono comodi come un sedile ryanair, trasmettendoti la stessa sicurezza.
nonostante le abitazioni avvolte da inferriate, muri di cinta alti quattro metri e filo spinato elettrificato, che emettono empaticamente la gioia di essere ricchi e goderseli ampiamente, i soldi.
nonostante ci sia tanta gasolina e tanto cemento ma poco di tutto il resto.
beh nonostante tutto questo pare che sia possibile vivere a Caracas, quantomeno nelle parti lontane dalle baraccopoli. Il che naturalmente è l’ennesima prova dell’incredibilmente stupida capacità di adattamento dell’essere umano.
Però fin’ora m’è riuscito di scorgere solo 2 bambini, e prendevano a calci un pallone sgonfio. Nella mia fantasia la loro fantasia è guardare il alto il cielo, attraverso le sbarre, le palme, lo smog e immaginare un mondo più bello dell’unico che conoscono.
Perchè, poi se volete ne parliamo, ma se conoscete un mondo migliore, chi ve lo fa fare di continuare a vivere in quello che fa schifo?
Ecco io per esempio sto scoprendo che le soddisfazioni, anche se arrivano a 13 ore d’aereo da casa, ti fanno lavorare fino a tarda notte, ti fanno venire voglia di scrivere, ti fanno venire voglia di averne ancora. Ora, consapevole di questo, come sarà tornare a casa?
Che sarebbe il delta di variabilità del tempo di percorrenza casa-lavoro per un ipotetico abitante di Caracas, a detto di lui medesimo.
Come può un tragitto di 5 kilometri rivelarsi un inferno? semplice, metti 15 milioni di persone ad abitare una città quasi totalmente priva di tombini e aspetta che piova!
Che qui bisognerebbe rivedere la definizione di diluvio. Bastano 3 goccioloni pseudo tropical-monsonici per trasformare le già abbastanza intricate calle in torrenti in piena. Aggiungi un pizzico di zero semafori, zero uso delle frecce e utilizzo fantasioso del senso di marcia che, in teoria, è destroso e ottieni in una provetta di cemento l’embrione della madre di tutti gli ingorghi.
Evidentemente però, forse proprio grazie a decine di generazioni cresciute nell’incertezza sull’ora di rientro, il sudamericano medio ha sviluppato anticorpi genetici al nervosismo da traffico: i clacson suonano ma stancamente, più come passatempo che come sprone al testina di vitello davanti; il primo che infila il muso in un incrocio è solitamente lasciato passare indipendentemente dalla segnaletica, comunque pressocchè inesistente; e m’è pure capitato di vedere giocolieri destreggiarsi con le clavette sulle strisce pedonali.
Convivere anche solo poche ore con persone così rilassate fa davvero pensare al senso della vita. E comunque, sia detto senza offesa, voi milanesi non avete mai capito un cazzo. (c’entra niente lo so, ma è da una vita che lo volevo dire)
tocco per la prima volta il suolo sudamericano
più precisamente a Caraca, senza la esse, da queste parti usa così
la prima impressione è duale fisicamente e visivamente, bianchi e neri, caldo e freddo, verde e cemento, case e montagne, strade e case
milioni di persone e io ho il culo di non trovare fila nei 40 km di autostrada fra l’aeroporto e l’albergo;
sarà un segno? ci penso poi, ora rintronato dal jet lag sto facendo una fatica dell’eva a scrivere e mi riesce di pensare solo al caldo umido e all’aria condizionata… caldofreddocaldofreddocaldofreddo… peggio che a Los Angeles